sabato 7 marzo 2015

BIACCO

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Il biacco (Hierophis viridiflavus (Lacépède, 1789)), precedentemente classificato come Coluber viridiflavus è un serpente frequente nelle campagne e nei giardini, sia in terreni rocciosi, secchi e soleggiati, sia in luoghi più umidi come le praterie e le rive dei fiumi. È detto anche milordo o colubro verde e giallo.

Il nome specifico viridiflavus allude alla particolare colorazione verde e gialla del serpente. Biacco invece viene da biacca, carbonato di piombo basico, chiamato cērussa in antichità e conosciuto attraverso botteghe veneziane e olandesi; questo a sua volta dal longobardo blaih, "pallido".

La sua colorazione è dominata nelle parti superiori dal nero, il ventre è di colore chiaro. Il capo e il dorso hanno screziature di color giallo formanti un reticolo irregolare che, a partire dal basso ventre e fino all'estremità caudale assume l'aspetto di un fascio di linee longitudinali giallo-verdastre (circa venti), ma nel Meridione e nelle isole le popolazioni sono prevalentemente melaniche.

In media gli adulti raggiungono i 120–130 cm; eccezionalmente può arrivare a 2 m.

Occhio in contatto con almeno 2 sopralabiali; 187-212 vertebre nei maschi e 197-217 nelle femmine. 97-124 paia di sottocaudali nel maschio e 91-119 paia nella femmina. 19 squame dorsali.
Negli adulti la colorazione di fondo delle parti superiori è verde-giallastra. I piccoli invece presentano, fino all'età di un anno, una colorazione caratteristica: la testa presenta già il reticolo giallo e nero mentre il resto del corpo ha una tonalità grigio-celeste uniforme. Diversamente dalla biscia d'acqua, le squame del dorso sono completamente lisce.
È un serpente molto agile e veloce (fino a 11 km all'ora), ottimo arrampicatore e buon nuotatore.

È una specie diurna. Si difende in modo primario con una velocissima fuga, spesso verso un rifugio sicuro; quando viene bloccato dispensa rapidi morsi non particolarmente potenti. Si nutre di altri rettili (in particolare piccoli sauri ed altri serpenti, dalle bisce d'acqua alle vipere), di uova di uccelli e nidiacei (o anche adulti di specie piccole), di piccoli mammiferi (in particolare topi e ratti) e anfibi anuri, urodeli e apodi; occasionalmente nuota agilmente in immersione, alla ricerca di piccoli pesci. Spesso lotta con alcuni animali, come ramarri, lucertole ocellate e rospi di grandi dimensioni; tuttavia gli esiti risultano altalenanti, così che la preda diventa predatore e viceversa. Se disturbato dall'uomo, preferisce la fuga. Se afferrato, non esita ad affrontare l'aggressore e a difendersi vigorosamente con ripetuti morsi, tuttavia poco pericolosi, in quanto è completamente sprovvisto di veleno e di denti atti ad iniettarlo.

È specie ovipara. La femmina depone da 5 a 15 uova ai primi di luglio che si schiuderanno tra agosto e settembre, dopo una incubazione di 6-8 settimane. Il maschio durante l'accoppiamento morde la femmina sulla nuca nell'intento di immobilizzarla.

Lo si incontra nel nord-est della Francia, nel sud della Svizzera, in Italia, in Slovenia, in Croazia ed a Malta. Esiste una popolazione introdotta in tempi remoti sull'isola di Gyaros in Grecia.

In Italia la specie non sembra essere minacciata, in quanto molto adattabile, ed è comune in tutte le regioni. Risulta essere tra i serpenti più investiti dagli autoveicoli

Nelle zone pedecollinari dell'appennino emiliano è conosciuto come scarbònas; nelle Prealpi venete come carbonaz; sull'Altopiano di Asiago come carbonasso; in Italia centrale (in Toscana e Lazio) come frustone, anche in ordine alla credenza popolare secondo cui può usare il corpo per appioppare dolorose sferzate. In Umbria è noto col nome generico di serpe. In Provincia di Pavia è denominato milò. Nella zona del Piemonte, in particolare nella Valsesia e nel Biellese, questo serpente è conosciuto come mirauda. Nella zona di Luino e nelle sue valli è chiamato smirolda e in alcuni luoghi del bresciano susèr, col significato di "cacciatori di topi" o bés bastunèr che significa "serpente che bastona" data la sua peculiare caratteristica di serpente costrittore. Nel mantovano è invece chiamato anza e la credenza popolare lo vuole capace di dare forti colpi di coda per difendersi dall'uomo che tenta di catturarlo. Nel bellunese viene chiamato "carbonaz" per la tipica colorazione scura, come il carbone.

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