mercoledì 4 marzo 2015

STORIA DEL CALCIO

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Il gioco del calcio sembra avere origini antichissime. Tracce di giochi simili sono rintracciabili in diversi luoghi ed epoche. Un antico gioco con la palla era praticato già in Giappone verso l'XI secolo a.C. Nello stesso periodo in Cina era molto diffuso il Tsu-chiu (letteralmente: palla di cuoio calciata dal piede), che impiegava un pallone ripieno di piume e capelli femminili, bisognava infilare il pallone in un buco sostenuto da due canne di bambù, utilizzando unicamente i piedi. Un manuale militare risalente al periodo della dinastia di Han, includeva questa disciplina fra le esercitazioni di formazione fisica. Un manoscritto del 50 a.C., conservato a Monaco, attesta l'introduzione del tsu-chu in Giappone e la disputa d'incontri internazionali tra le squadre dei due Paesi.

Sempre in Giappone risulta si giocasse il Kemari, più giovane di circa 500-600 anni rispetto a quello cinese, e tuttora praticato. In uno spazio relativamente piccolo, i giocatori dovevano passarsi, senza che questo toccasse terra, un involucro di cuoio al cui interno era inserita una vescica di animale gonfiata.

Altre testimonianze arrivano dalla Grecia antica dove, intorno al IV secolo a.C., si affermò l'Episkyros mai però inserito tra le discipline olimpiche del tempo. Altri giochi che prevedevano l'uso della palla erano l'urania, la feninda, l'aporraxis.

A Roma questo gioco si trasformò nell'Harpastum che deriva il suo nome dal termine greco arpazo, con il significato di strappare con forza, afferrare. Si utilizzava una piccola palla e due squadre si affrontavano in un campo rettangolare delimitato da linee di contorno e da una linea centrale. Lo scopo era quello di riuscire a poggiare la palla sulla linea di fondo del campo avversario. Erano permessi i passaggi sia con le mani che con i piedi ed ogni giocatore ricopriva un ruolo ben preciso. Marziale descrisse due tipi di pallone usati a quei tempi: la pila paganica (adoperata specialmente dai contadini) fatta di cuoio e piena di piume e la follis, sempre di cuoio ma con camera d'aria costituita da una vescica. Il gioco continuò ad essere popolare per circa 700-800 anni e praticato principalmente dai legionari che, combattendo in tutta Europa, ne permisero la sua diffusione.

Nel Medioevo i giochi con il pallone furono soprattutto espressione dell'antagonismo tra villaggi o tra fazioni dello stesso villaggio: perse le regole dell'antichità, obbedivano da luogo a luogo a norme diverse. Verso la fine del Duecento arrivano notizie della presenza di un gioco con la palla, il Large-football dalle Isole Britanniche. Una cronaca londinese del 1175, narra i timori del popolo per la violenza con cui si giocava al pallone durante il carnevale. Un secolo dopo, per questa sua natura violenta, il gioco fu regolato o addirittura proibito. Il 13 aprile 1314 il Re Edoardo II proibisce la pratica del gioco a Londra e nei luoghi pubblici. Nel 1388, con un editto del Re Enrico V, il gioco fu messo definitivamente al bando. Proibito in Inghilterra, si era ormai diffuso nei territori vicini e soprattutto in Scozia e Francia.

In Francia, nello stesso periodo, si giocava esclusivamente con i piedi e in modo assai violento la Savate. Una lettera di grazia (1374), parla della Soule come mezzo di contesa col pallone da lungo tempo praticata tra villaggi.

Ma la città dove il gioco con la palla ebbe il massimo fulgore fu la Firenze medicea, dove si praticava il calcio fiorentino. Il vocabolario della Crusca, edito a Venezia nel XVIII secolo, dà del gioco del calcio questa definizione: È calcio anche nome di gioco, proprio e antico della città di Firenze, a guisa di battaglia ordinata con una palla a vento, somigliante alla sferomachia, passata dai Greci ai Latini e dai Latini a noi. Il calcio fiorentino, assai diffuso a quei tempi, dava luogo a incontri ufficiali nelle grandi ricorrenze tra i partiti dei verdi e dei bianchi, rispettivamente della riva sinistra e destra dell'Arno. Il campo di gioco era Piazza Santa Croce ed il partito che vinceva si appropriava delle insegne avversarie. Ogni partito era formato da 27 giocatori: 15, divisi in tre gruppi di 5, formavano la linea degli innanzi che aveva compiti di attacco; 5, chiamati sconciatori, formavano la seconda linea e avevano il compito d'intralciare le manovre avversarie; 4 componevano la terza linea ed erano i datori innanzi, rilanciavano cioè la palla verso gli innanzi; 3, infine, formavano l'estrema linea dei datori indietro, che impedivano agli innanzi avversari di raggiungere con la palla il fondo del campo e conquistare una caccia. Attualmente quell'antico gioco è ricordato a Firenze, ogni anno, con una fedele ricostruzione in costume. Nel XVII secolo un gioco simile al calcio fiorentino si praticava anche a Venezia e Bologna, dove però era stato proibito nel 1580. Una variante del gioco del calcio 'alla fiorentina' veniva usata nel Seicento nella vicina Prato, come testimonia lo scienziato Francesco Redi in un’etimologia pubblicata da Gilles Ménages nelle sue "Origini della lingua italiana", pubblicate nel 1669: “In Prato, già Terra, oggi Città, in Toscana, non più che dieci miglia distante di Firenze, si fa il giuoco del calcio, non meno che in Firenze. Ma se nel giuoco di Firenze si usano piccoli palloncini, e si percuotono col pugno armato di solo guanto, in Prato si adoperano di que' pallon grossi, co’ quali si suol giuocare il giuoco del pallon grosso (giuoco noto in Francia) ed in questo giuoco del calcio de’ pratesi, non si dà al pallone col pugno, ma sempre col calcio: anzi rarissime son quelle volte che se gli dà col pugno; perché il pugno nudo, o armato d’un semplice guanto, non avrebbe forza sufficiente a poter battere e spigner lontano quel così grosso pallone”.

In Inghilterra, riabilitato nel 1617 da Giacomo Stuart, il gioco con la palla ricominciò liberamente ad essere praticato, soprattutto dai giovani frequentanti i college e le università inglesi. Nacquero le prime regole scritte di un gioco denominato dribbling-game, antenato sia del calcio che del rugby, che vedeva affrontarsi due squadre di 11 o 22 giocatori e prevedeva sia l'uso dei piedi che delle mani. Ma ancora, nel 1820, sussisteva confusione tra un tipo di gioco e l'altro, le cui evidenti differenze originarono, in seguito, una separazione e la nascita della Rugby Union, nel 1846.

Un primo tentativo di unificazione si ebbe con le 14 regole, quando al Trinity College di Cambridge si riunirono giocatori in rappresentanza di diversi istituti per stilare una prima bozza del regolamento del gioco del football.

Il 24 ottobre 1857 venne fondato il primo club di football al mondo, lo Sheffield Football Club, che giocò la sua prima partita al Parkfield House, e nel 1858 furono scritte le Sheffield Rules (Regole di Sheffield).

Ma è solo nel 1863, e precisamente il 26 ottobre, che il calcio ha riscontro istituzionale. A Londra, in Great Queen Street presso la Free Mason's Tavern (la taverna dei Framassoni o dei Liberi Muratori), si danno appuntamento i rappresentanti di undici club e associazioni sportive londinesi per creare la prima federazione calcistica nazionale, una struttura unitaria che prenderà il nome di Football Association. Scopo primario è codificare in maniera organica e omogenea il nuovo gioco. Il regolamento che scaturisce dall'incontro mostra però un evidente compromesso con lo sport per eccellenza nel mondo anglosassone che già allora andava sotto il nome di football: il rugby. Il 24 novembre dello stesso anno i membri della Football Association si riuniscono nuovamente e due opposte fazioni si scontrano: da un lato mr. Morley (Segretario dell'associazione), deciso ad eliminare la matrice rugbystica del nuovo gioco, dall'altro mr. Campbell (Presidente del club Blackheat), estremo difensore di quella impostazione. Sono le ragioni del segretario ad imporsi ed il successivo 8 dicembre vengono apportate sostanziali modifiche al regolamento: nessun giocatore infatti potrà correre con la palla tra le mani o caricare l'avversario. Il calcio, come oggi l'intendiamo, ha finalmente intrapreso la sua strada.

A differenza degli esordi, che quasi non vedevano alcuna distinzione di ruoli tra i giocatori, con il trascorrere degli anni nascono poco a poco "specializzazioni" che porteranno ad una sommaria distinzione tra attaccanti e difensori. È questo il periodo in cui si tende ad equilibrare la sbilanciamento in avanti delle squadre e il risultato più evidente è l'arretramento di tre attaccanti: i mediani. Ma è con gli inizi del 1870 che lo schieramento in campo assume quell'impostazione ben presto diffusa in tutto il mondo costituita da un portiere, due terzini, tre mediani e cinque attaccanti. Nel 1871, intanto, vengono codificate le dimensioni del pallone, fa la sua comparsa la figura del portiere come unico giocatore al quale fosse consentito toccare la palla con le mani, e nasce la federazione scozzese. Nel 1875 è la volta di quella gallese. Solo tre anni più tardi un arbitro utilizzerà per la prima volta un fischietto per dirigere una gara.

Notevoli e rapidi progressi si ebbero poi anche nei materiali usati per costruire il pallone. Tutti i giochi con la palla infatti fino al XIX secolo furono condizionati dai limiti tecnici della loro oggettistica: l'insicura elasticità delle vesciche di animali, la scarsa sensibilità delle sfere di tela riempite di turaccioli, la difficoltà di reperire sostanze espansive. La rivoluzione merceologica fu compiuta dall'avvento del caucciù, che gli inglesi trapiantarono dalle foreste sudamericane nei loro possedimenti dell'Oceano Indiano. L'invenzione della camera d'aria rese poi possibile un notevole progresso nel controllo e nella mobilità della sfera. Nel 1880 si aggiunge un'altra federazione alle tre già esistenti: quella irlandese. Sei anni dopo, nel 1886, viene fondato l'International Football Association Board (IFAB), organo costituito dalle quattro federazioni britanniche di Inghilterra, Scozia, Irlanda e Galles, con il compito di far rispettare le regole del gioco e se necessario, di apportarvi modifiche. Tale organo è tuttora in vigore ed è l'unico, a livello mondiale, a decidere in tema di regolamento del gioco. Sempre nel 1886 viene ufficialmente riconosciuto il professionismo sportivo: i calciatori sono cioè equiparati alle altre categorie di lavoratori e devono conseguentemente percepire un compenso per l'opera prestata. Una decisione che provoca dure reazioni da parte di alcuni ambienti che, nel 1907, daranno vita ad un'altra associazione.

Nel 1890 le porte sono finalmente dotate di reti, una innovazione importante basata sul brevetto di un cittadino di Liverpool: Mister Broodie. Due anni più tardi fa la sua comparsa il calcio di rigore.

In Gran Bretagna il calcio si era ormai consacrato come fenomeno sportivo e sociale, capace di coinvolgere migliaia di spettatori e affollare gli stadi. Alla finale di F.A. Cup nel 1887 erano presenti 27.000 spettatori, che sarebbero diventati 110.000 quattro anni più tardi. Alla passione degli studenti si aggiunse quella degli imprenditori. Questi ultimi rimasti estranei ai primi passi del nuovo gioco, se ne erano innamorati solo quando esso aveva completato le sue strutture formali. Contribuendo così alla costruzione degli stadi, al finanziamento dei club, alla nascita del primo mecenatismo sportivo al mondo. Al football si erano ormai avvicinati anche i ceti medi e i colletti bianchi delle manifatture e delle banche, meno entusiasta era invece rimasto il mondo delle professioni liberali, mentre quello degli intellettuali appariva abbastanza diviso, famosa al riguardo è l'invettiva del Premio Nobel Kipling contro gli entusiastici sostenitori del nuovo sport:”voi che saziate le vostre piccole anime con gli idioti fangosi del football”. Nonostante ciò il calcio era ormai in grande ascesa in tutto il regno, pronto per varcare i confini nazionali e diffondersi in tutta Europa.

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