domenica 3 luglio 2016

LA TIGRE DEL BENGALA



La tigre del Bengala è una sottospecie di tigre che vive in India, Nepal, Bangladesh, Bhutan, Myanmar e la Cina (Tibet meridionale). È la più grande e meglio conosciuta sottospecie di tigre, e si trova in una grande varietà di habitat, tra savane e foreste tropicali e subtropicali. La loro pelliccia è di solito arancione o capriolo, anche se vi è una mutazione genetica che causa l'arancione della pelle di tigre, è sostituito dal bianco, le tigri sono chiamati tigri bianche. Vi è anche mutazioni più rare (di cui ci sono meno di 100 copie, tutte in cattività), conosciuta come tigre d'oro. La tigre è un animale domestico in India e in Bangladesh.
La lunghezza totale dei maschi è 270-310 cm, mentre quello delle femmine è 240-265 cm, la coda è di circa 85-110 cm di lunghezza e l'altezza alle spalle di 90-110 cm. Il peso medio è 221,2 kg (487,7 lbs.) per i maschi e 139,7 kg (308 lbs.) per le femmine, [3] Tuttavia, coloro che vivono nel nord dell'India e Nepal hanno un peso medio di 235 kg (518 lbs. ) per i maschi e 140 kg (308,6 lbs.) per le femmine.

La tigre del Bengala è un animale solitario che caccia prevalentemente durante le ore notturne e che non ama spartire il proprio territorio con altre tigri o altri animali. Per scoraggiare gli intrusi, tutte le tigri marcano il loro territorio con l'urina, la quale contiene delle secrezioni dall'odore molto intenso che segnalano la loro presenza. Un altro metodo che impiegano consiste nel lacerare la corteccia degli alberi con gli artigli.

È difficile seguire le tracce di una tigre del Bengala perché, nonostante la sua taglia imponente, questo felino è di natura discreta e timida. L'animale è solito ricoprire gli escrementi con la terra e spesso trascina i resti delle sue prede in mezzo ai cespugli. Alle volte arriva persino a ricoprirli di foglie morte per essere sicura che nessun altro potrà approfittarne in sua assenza. Durante le ore diurne riesce a mimetizzarsi nel folto dell'erba degli elefanti, una pianta appartenente al genere Miscanthus tipica dell'ambiente di vita di questo felino e che può raggiungere un'altezza di quasi 10 metri.

Ha una capacità visiva superiore sei volte rispetto a quella dell'uomo, compresa la visione notturna.

E' un animale provvisto di un udito molto fine ed ha la particolarità di avere la parte posteriore delle orecchie bianca caratteristica queste che sembra le consenta di riconoscere i diversi esemplari al buio.

I denti della tigre del bengala sono caratterizzati da lunghi canini, lunghi dai 7,5 ai 10 cm che servono per uccidere la preda mentre i molari servono per trinciare la carne.

Gli artigli delle zampe sono usati per afferrare la preda, per arrampicarsi sugli alberi e per graffiare la corteccia per marcare il territorio.

Le tigri comunicazioni tra di loro in diverse maniera: con l'odorato, i segnali visivi ed i suoni.

Per delimitare il territorio la tigre del bengala graffia la corteccia degli alberi e poi spruzza l'urina (assieme ad un liquido odoroso) che serve per mandare dei messaggi molto chiari alle altre tigri indicando il sesso, la taglia, lo stato sociale ed anche (se si tratta di urine di un esemplare femmina) se sono disponibili all'accoppiamento.

Le tigri indiane sono animali che possono comunicare anche vocalmente con ruggiti, grugniti, ringhi, gemiti e sibili. Ogni suono ha una sua finalità e sembra riflettere sia cosa la tigre voglia fare o stia per fare sia il suo stato d'animo. Ad esempio il ruggito è di solito un segnale di dominanza, che dice agli altri individui quanto lei/lui sia potente e quanto grande è la sua posizione sociale.

La tigre del bengala è una cacciatrice nata tanto che può cacciare ed avere il sopravvento su prede due volte superiori il proprio peso. Ama cacciare soprattutto la notte, periodo in cui le sue prede preferite (gli ungulati) sono più attive, anche se non esistono delle regole precise in merito. Caccia tendendo agguati alle sue prede, avvicinandosi il più possibile senza farsi sentire. Raramente le insegue in lunghe corse.

Le prede di piccole dimensioni le uccide mordendo la parte posteriore del collo spezzandogli quindi il midollo spinale mentre quelle di dimensioni più grandi le afferra per la gola schiacciandogli la trachea e quindi uccidendole per soffocamento.

Dopo aver ucciso le sue prede che sono di solito cervi, bufali, maiali, scimmie, le trascina da una parte per mangiarle con calma. Di solito le prime parti che la tigre del bengala mangia sono i quarti posteriori.

Nulla viene tralasciato infatti mangia anche i peli.

Può mangiare fino a 30 kg di carne in una sola volta e quando è sazia, nasconde la preda con delle foglie per ritornare il giorno dopo fino a quando non l'ha completamente divorata, anche se in decomposizione.

La maturità sessuale viene raggiunta nella femmina della tigre indiana intorno ai 3-4 anni mentre nel maschio intorno ai 4-5 anni.

Il periodo in cui la tigre del bengala si accoppia è quello primaverile, quando la femmina entra in calore per circa 3-7 gg. Dopo l'accoppiamento il maschio resta con la femmina ancora per qualche giorno dopo di che se ne va e non alleva i figli il cui compito è affidato esclusivamente alle femmine.

La gestazione dura circa 15 settimane e possono nascere da due a quattro cuccioli che alla nascita e fino a 6-14 gg sono ciechi e dipendono in tutto e per tutto dalla madre.

I piccoli sono allattati per circa sei mesi anche se la madre quando hanno circa due mesi di età, inizia a portare loro piccole prede.

Dopo i sei mesi i piccoli iniziano ad accompagnare la madre nella caccia per impararne tutte le tecniche e verso i 18 mesi sono in grado di cacciare da soli.

Rimangono con la madre fino all'età di un anno e mezzo - tre anni.

Le tigri indiane adulte sono animali che non hanno nemici naturali fatta eccezione per l'uomo. I cuccioli di tigre spesso sono cacciati dagli esemplari maschi adulti di tigre.

La tigre indiana è classificata nella Red list dell'IUNC tra gli animali ad altissimo rischio di estinzione ENDANGERED (EN): è stato infatti stimato (dati 2008) che nel mondo la popolazione totale è di circa 2500 esemplari.

La principale minaccia per questo insuperabile animale è l'uomo che riduce sempre più il suo habitat naturale e le sue fonti di cibo.
La tigre indiana è molto importante nell'ecosistema per controllare la popolazione dei grandi erbivori.

Da un punto di vista economico è un animale che rappresenta una grande risorsa per i giardini zoologici e le aree naturali, come importante risorsa economica (ecoturismo).

Il bracconaggio purtroppo è ancora diffuso in quanto la sua pelliccia è considerata pregiata per fare arazzi e tappeti.

Tra i felini la tigre del bengala è quella che ama maggiormente l'acqua essendo tra l'altro una eccellente nuotatore.

La medicina tradizionale cinese, usava parti del corpo dell'animale per preparare medicine alternative ad esempio per diventare forte e feroce come una tigre.



Un tempo viveva in tutta l'India, Nepal, Bhutan, Myanmar (Birmania), Bangladesh, Pakistan del nord e sud del Tibet, mentre oggi la razza è scomparsa in Pakistan e sopravvive in piccole zone dell'originaria area di diffusione. Benché si tratti di una specie protetta in tutto il suo areale, le tigri sono minacciate dai bracconieri e dalla pressione umana: ne rimangono 2000 allo stato brado (in Cina ve ne sono solo 10-30 esemplari), ma ve ne sono molte in cattività. Non esiste quasi più nella regione del Rajasthan.

La varietà degli habitat di vita della tigre del Bengala è ampia, includendo le praterie, le foreste pluviali tropicali e subtropicali, macchia a cespugli, foreste umide e decidue e foreste di mangrovie.

Nel 1972, un censimento del Ministero dell'Ambiente indiano stimò il numero delle tigri viventi in India in meno di 2000 esemplari, concentrati in quattro aree principali: la regione ai piedi dell'Himalaya, nell'India settentrionale e nord-orientale, le foreste dell'India centrale e orientale ed una ristretta area sulla costa sud-occidentale. Per contrastare il pericolo di estinzione il governo indiano mise in atto un incisivo programma di conservazione, denominato Project Tiger che è riuscito a raddoppiare la consistenza della popolazione: un censimento effettuato nel 1989 ha stimato il numero delle tigri viventi in India in 4334. Tuttavia, nei primi anni '90 si è assistito ad una inversione della tendenza ed il più recente censimento del 1993 ha fatto registrare un declino della popolazione a 3750 esemplari.

Considerando anche le piccole popolazioni presenti in Nepal (circa 250 esemplari), Bhutan, Bangladesh e Myanmar, la popolazione complessiva di questa sottospecie è di circa 4500 esemplari. Attualmente in India esistono 21 aree protette, create specificamente per proteggere le tigri, che coprono un'area complessiva di oltre 30.000 km².

Tara, in apparenza una femmina di tigre del Bengala proveniente dallo Zoo di Twycross in Inghilterra nel luglio 1976 era stata stata allevata in cattività e addestrata da Billy Arjan Singh, un conservazionista, per essere poi rilasciata in natura nel Parco nazionale di Dudhwa, nel Distretto di Lakhimpur Kheri, in India, con il permesso del primo ministro allora in carica, Indira Gandhi. Lo scopo del progetto consisteva nel provare che era possibile reintrodurre con successo in natura individui nati e allevati in cattività. Quando Singh rilasciò Tara nel parco era già a conoscenza del fatto che essa aveva una discendenza mista; nonostante ciò andò avanti contro le forti obiezioni al progetto che molti esperti avevano già avanzato persino prima che la tigre arrivasse in India. Anche dopo il rilascio dell'animale in natura, Singh ricevette un bombardamento di lettere che affermavano che la contaminazione genetica della popolazione naturale di tigre del Bengala avrebbe prodotto danni irreparabili alla sottospecie. Si diceva che Singh era responsabile di aver liberato un "cocktail genetico" all'interno della riserva per la conservazione della tigre del parco di Dudhwa. Il direttore logistico responsabile della conservazione della tigre nel parco Dudhwa, Ram Lochan Singh, esperto di gestione della fauna protetta, si era opposto fortemente al progetto proprio riferendosi alla possibilità che la tigre fosse portatrice di un pool genico misto.

Nel 1995 fu proprio Billy Singh a osservare e riconoscere, all'interno del parco di Dudhwa, un giovane maschio che presentava le fattezze tipiche delle tigri siberiane: carnagione bianca, pelo chiaro, testa larga e strisce ampie di colore marrone scuro. Grazie a tecniche di analisi genetica, sviluppate solo successivamente, fu dimostrato col 90% di certezza che dei geni appartenenti alla sottospecie della tigre siberiana avevano inquinato il pool genico puro della tigre del Bengala, preesistente nel Parco Nazionale di Dudhwa. Fu inoltre provato, che il personale dello zoo di Twycross era stato irresponsabile a non mantenere un preciso registro delle genealogie degli animali e quindi fornendo al governo indiano un individuo ibrido tra tigre siberiana e tigre del Bengala.

Negli anni seguenti il rilascio, Tara divenne una "mangiatrice di uomini", responsabile della morte di circa 24 persone, e per questo motivo fu abbattuta con colpi d'arma da fuoco. È ormai noto senza ombra di dubbio che gli animali cresciuti e allevati in cattività diventano spesso un pericolo per l'uomo una volta rilasciati in natura. Essi infatti non temono l'uomo e non cercano di evitarlo, anzi, alle volte associano le persone con la presenza del cibo e quindi vanno in cerca di villaggi.

Le tigri del parco Dudhwa costituiscono circa l'1% della popolazione indiana allo stato naturale, ma esiste ora la possibilità che l'inquinamento genetico, attraverso Tara, si diffonda a tigri di altri gruppi; nel peggiore dei casi potrebbe mettere in pericolo l'esistenza della tigre del Bengala in quanto sottospecie distinta.

Nel 2000 John Varty ha avviato un progetto che ha come scopo la reintroduzione di tigri del Bengala allo stato selvatico. Questo progetto prevede di prelevare dei cuccioli nati in cattività, in zoo, e addestrarli in modo che possano riguadagnare i loro istinti predatori. Una volta che avranno dimostrato di poter sopravvivere autonomamente in natura le tigri verranno rilasciate in una riserva naturale in Africa. Il compito degli addestratori, John Varty e Dave Salmoni, esperti di zoologia e di addestramento dei grandi felini, è quello di insegnare alle tigri come inseguire furtivamente le prede, come cacciare e, cosa più importante di tutte, a riconoscere l'associazione tra l'attività di caccia e la possibilità di reperire cibo. Si dice che due tigri del Bengala siano già state reinserite in natura con successo e che altre due siano al momento sottoposte al processo di rinselvatichimento. Questo progetto è stato usato come soggetto di un documentario di Discovery Channel intitolato Living With Tigers, che è stato riconosciuto come miglior documentario prodotto da questa emittente nel 2003. Successivamente però è stato dimostrato che questo documentario in realtà era una frode. Le tigri erano incapaci di cacciare ed era la troupe cinematografica a dare la caccia alle prede contro la recinzione e sul percorso seguito dalle tigri. Cory Meacham, un giornalista statunitense che si occupa di questioni ambientali ha dichiarato che il documentario in questione ha a che fare con la conservazione della tigre quanto un cartone animato di Walt Disney. Inoltre le tigri non sono state veramente rilasciate e anzi vivono tuttora all'interno di un piccolo recinto sotto costante sorveglianza e con frequenti contatti con l'uomo. John varty, realizzatore del documentario, ha ammesso che il film contiene sequenze false. I conservazionisti, temendo che il pubblico maturasse sfiducia e un'idea fuorviante riguardo ai progetti di conservazione, hanno dichiarato che il progetto non ha mai avuto niente a che vedere con la conservazione, ma solo con il successo televisivo e le opportunità di guadagno.

Delle forti critiche nei confronti di questo progetto sono sorte a causa dei cuccioli scelti. Gli esperti affermano che le quattro tigri (Ron, Julie, Seatao e Shadow) coinvolte nel progetto di reintroduzione dal punto di vista genetico non sono esattamente appartenenti alla sottospecie tigre del Bengala e quindi non dovrebbero essere usate per scopi riproduttivi. Le quattro tigri non sono iscritte nel registro della genealogia delle tigri del Bengala purosangue (Bengal tiger Studbook) e quindi non dovrebbero essere considerate come appartenenti a quella sottospecie. Molte delle tigri tenute negli zoo di tutto il mondo sono geneticamente impure e non c'è ragione di pensare che queste quattro non siano tra di esse. Il registro internazionale delle tigri redatto nel 1997 certifica l'esistenza di una popolazione mondiale di tigri del Bengala tenute in regime di cattività che ammontava a 210 individui. L'intera popolazione citata si trova all'interno di zoo situati in India fatta eccezione per una femmina che vive in uno zoo del Nord America. È importante notare che Ron e Julie (due delle tigri coinvolte nel progetto) sono nate negli Stati Uniti e cresciute da genitori umani nello zoo di Bowmanville, in Canada, mentre Seatow and Shadow sono nate in Sud Africa.

È stato recentemente confermato che le tigri coinvolte nel progetto Tiger Canyons derivano da un incrocio tra tigri siberiane e tigri del Bengala. Non è consentito rilasciare in natura individui che non sono geneticamente puri e che perciò non sono adatti a partecipare al Piano di Sopravvivenza della tigre, che ha lo scopo di preservare questa specie facendo riprodurre esclusivamente individui geneticamente puri.


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